Riprogettare gli spazi di lavoro per interconnettere le persone
Lo spazio non è semplicemente questione di “estetica” e di “interior design”, ma di usi, di significati, di benessere, di relazioni tra persone o come ha sottolineato Alessandro Adamo "Lo spazio crea un'esperienza" (o space experience), che ciascuno di noi vive a proprio modo, perché non tutti lavoriamo allo stesso modo o forse perché, come afferma Emanuele Madini, "Il lavoro è uno stato mentale: dovunque noi possiamo ingaggiare il nostro intelletto per creare innovazione", che abilita la contaminazione tra le persone. Connessione che si attiva non solo internamente alla PA ma anche con i suoi attori esterni, i cittadini, le start up, i centri di ricerca, i partner, come quella messa in campo dalle nove amministrazioni del partenariato VeLA, sul quale sono stati dispiegati stili, percorsi e culture diverse che hanno arricchito il dibattito sullo Smart Working. Come ha evidenziato Stefania Sparaco, “la nota che contraddistingue il progetto è l’avere messo insieme percorsi diversi, avendo però un obiettivo comune: sfruttare lo Smart Working come leva di cambiamento organizzativo, di ingaggio delle persone, per orientarle verso un modo diverso di fare pubblica amministrazione. È così che nasce VeLA, dalla collaborazione tra enti che hanno favorito la nascita di nuove pratiche sullo Smart Working che si sono sostanziate in un kit di riuso; una “roadmap” concreta e facilmente attuabile per le altre Pubbliche Amministrazioni che vorranno implementare lo Smart Working VeLA.
Sempre più lo spazio fisico deve essere concepito come aperto: analizzare la dimensione dello spazio fisico nella sua interezza, le metodologie di riprogettazione del physical layout e le sue connessioni con altre variabili di progettazione all’interno di una cornice di senso legata allo spazio di lavoro e in un quadro di considerazioni sulla disponibilità di spazi e strutture delle e per le Pubbliche Amministrazioni, integrando a questa (re)visione la logica della condivisione e del coworking.
Conoscere gli spazi attuali e l’uso che se ne fa è fondamentale per ripensare gli spazi e gli usi possibili in ottica Smart Working, anche per evitare quella che Pierluigi Cervelli ha definito in termini echiani “decodifica aberrante” che, come sottolinea, si manifesta quando “entra in gioco l’interpretazione, cioè quando il rapporto tra una trasformazione e il suo effetto non è automatico”.
Bisognerebbe vestire i panni dell'antropologo per osservare quello che accade all'interno dei luoghi della PA, facendo emergere tutte le dinamiche che si sono cristallizzate nel tempo e che hanno avuto dei riflessi (diciamo pure resistenze) sui cambiamenti e processi organizzativi.
“Progettare uno spazio allora è progettare delle relazioni”, agendo sul sistema dei valori e dell’appartenenza. Questa nuova consapevolezza, e ciò che essa implica in termini di impatto sui luoghi fisici di lavoro, ci permette di comprendere la portata di enorme trasformazione che lo Smart Working intende introdurre nella PA, scardinando l’abitudine al “posto fisso”, agli orari definiti e all’attaccamento ai propri spazi fisici di lavoro e di comprendere perché la trasformazione spaziale, organizzativa, tecnologica e manageriale vada pensata come un’unica trasformazione, che sia innanzitutto culturale e, per questo, abilitante alla responsabilità personale.
Per approfondimenti sull'evento:
https://www.forumpa.it/riforma-pa/smart-working-limportanza-di-riprogettare-gli-spazi-lavorativi/